Il nuovo patto tra mafia e stato: approvato il lodo Fondi

Non era mai accaduto prima. È accaduto a Fondi. Un consiglio comunale con accertate infiltrazioni mafiose – “sistematiche e in ogni settore dell’amministrazione” secondo le parole del prefetto – non è stato sciolto dal Consiglio dei ministri. Su proposta dello stesso ministro Maroni che aveva sottoscritto le relazioni del prefetto e per ben due volte richiesto lo scioglimento. Così il governo consente a tutti i consiglieri e gli amministratori collusi con la mafia di ricandidarsi come se niente fosse.
Ascoltate attentamente le parole del ministro campione dell’antimafia: dice che il problema è stato risolto perché la giunta di Fondi si è già dimessa e a marzo il popolo potrò decidere attraverso le elezioni da chi essere amministrato. Dice che “il popolo sovrano è sempre meglio di qualunque commissario”. Vuol dire che non bisogna sciogliere mai. Eppure lui stesso ha modificato l’articolo 143 del TUEL per rendere più forti i poteri dei commissari nei comuni sciolti per mafia e allungare il periodo di permanenza degli stessi da 12 a 18 mesi, con possibilità di proroga fino a 24. Ora quella legge è carta straccia. Maroni ha dato vita a un precedente assoluto e gravissimo. E non è a rischio la città di Fondi ma l’intero funzionamento degli anticorpi normativi ed esecutivi contro la mafia. Da oggi qualunque comune colluso con la mafia ricorrerà alle dimissioni per potersi ripresentare, ripulito e più in forze di prima. Un po’ come avviene per i soldi riciclati e poi legittimati dallo scudo fiscale, solo che qui il condono è preventivo.
Il senatore Claudio FazzoneIl caso di Fondi è emblematico: il consenso bulgaro dell’amministrazione è stato possibile grazie al sostegno elettorale della criminalità organizzata, che ricorre ovviamente a un sistema di ricatti e condizionamenti. Lo ha ammesso un assessore famoso, Riccardo Izzi. Ha detto di aver ricevuto l’appoggio delle famiglie mafiose che gli hanno assicurato una candidatura record, facendone il primo eletto. Ma Izzi non era l’unico elemento in contatto con la mafia, il prefetto ha dimostrato che lo stesso sindaco Parisella accreditava in comune ditte gestite da noti mafiosi, che scavalcavano la fila o addirittura si sostituivano ad altre già sotto contratto con il comune. E insieme al sindaco molti altri amministratori commettevano illeciti, compresi i dirigenti e i vertici della polizia municipale, finiti sotto arresto. Ora il messaggio è chiaro: non si scioglie per mafia e quindi quel sistema di voti è legittimato, pronto perfino a potenziarsi.
Il potere del senatore Cludio Fazzone, il vero mister preferenze fondano, cresciuto all’ombra di Mancino e del Sisde, è deflagrato nel governo. E mentre emergono nuove rivelazioni sulle trattative segrete tra mafia e Stato del ’92 che vedrebbero coinvolto lo stesso Mancino, allora ministro dell’interno oggi vice del Csm, il feudo di Fazzone viene salvato. Tutti sanno che a Fondi sono radicate le mafie, che i politici sono collusi, ma il governo fa finta di niente. Come ha scritto la giornalista Anna Scalfati “oggi è il giorno non dei patti segreti tra Stato e Mafia ma il giorno di un patto pubblico, impudente e oltraggioso per ciascuno di noi”.
La cosa più sconcertante però è leggere la relazione con la quale il ministro Maroni ha chiesto lo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose. E’ stata pubblicata oggi da un giornale locale e noi la riproponiamo integralmente in pdf. La relazione è stata siglata meno di un mese fa, il 18 settembre, e si conclude così: “La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza e all’estensione dell’influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi”.

Due articoli di rassegna stampa: Il Manifesto (jpg) e Il Fatto (pdf)

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1 commento to “Il nuovo patto tra mafia e stato: approvato il lodo Fondi”


  • Il Ministro Maroni dovrebbe ben sapere che c’è almeno un precedente, quello del Comune di Niscemi (Caltanissetta), in cui il provvedimento di scioglimento per infiltrazione mafiosa è prevalso sul commissariamento ordinario, deciso dopo dimissioni del Sindaco.

    Insomma, il Governo avrebbe potuto fare propria la richiesta del Ministro dell’interno, invece di assecondare la furbata di un sindaco che davanti alla certezza di uno scioglimento per mafia del proprio Comune si dimette insieme ai consiglieri di maggioranza.

    (Enrico Fontana: capogruppo Sinistra e Libertà Regione Lazio)

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