Gli amici degli amici

Nell’Italia di Papi la politica è sempre più un’appendice del gossip. E non solo per i guai coniugali del presidente, che hanno generato il più rumoroso scandalo italiano degli ultimi tempi (rumoroso all’estero, ovviamente, non certo per gli italiani minzoliniati). No. Finisce che questioni del genere occupino uno spazio apparentemente impensabile. Quello degli spostamenti politici, delle trame segrete, dei disegni del potere oscuro.
Allora questi scandali sessuali per qualcuno sono l’arma che i poteri criminali adottano per ricattare la politica: lo dice ad esempio Serge Raffy su Nouvel Observateur, e arriva a paventare una penetrazione della mafia russa al vertice dello Stato italiano; ma lo aveva detto anche il ministro Bossi, secondo il quale lo scandalo di Bari è una reazione della mafia alla legge del governo Berlusconi sui sequestri dei beni ai mafiosi, e avverte il premier di stare in guardia perché “quelli non perdonano” (non male per uno che aveva definito Berlusconi “il mafioso di Arcore”).
E Fondi? Non poteva mancare lo spirito dei tempi in questa riproduzione in piccolo di vizi e difetti nazionali, di interessi troppo più grandi dei diritti dei cittadini, di personaggi impresentabili e collusioni evidenti strenuamente negate dal potere, che disegna la realtà a suo piacimento sul modello del presidente mago. Fondi che si candida a sostituire la Sicilia nel ruolo di laboratorio politico dei futuri scenari nazionali, che ha visto nascere e svilupparsi la cosiddetta Quinta Mafia, un mix di criminalità campana, calabrese e siciliana in combutta con quella locale e con settori della politica, dell’imprenditoria, dei colletti bianchi. Dove si smaschera, ma in sordina, la ventilata politica antimafia, dove cade la maschera del ministro di ferro, che prova ad alzare la testa salvo riabbassarla subito dopo, dove la politica smentisce lo Stato, la prefettura, la questura, la Dia, le forze dell’ordine.
L'Espresso: Quei tre ministri che vanno a Fondi - clicca per leggere l'articoloAnche qui il gossip è un segnale di movimenti politici altrimenti misteriosi. E sempre più per ricostruire le vere cause dei conflitti politici bisogna entrare in casa, seguire i rapporti coniugali o d’amicizia, scoprire interessi personali, fiutare le presenze invisibili. Aveva iniziato a farlo Palladino sul Manifesto, ora prosegue Biondani sul settimanale l’Espresso. Con alcune imprecisioni, laddove ad esempio il giornale conferma le parole di Berlusconi, quando disse che nessun componente della giunta era stato raggiunto da avvisi di garanzia.
L’articolo pone in filigrana una domanda importante: gli amici degli amici, i parenti, le mogli e i mariti, i fidanzati e i clienti, contano più del senso dello Stato, del fronte comune contro la criminalità? I segnali di un sì ci sono tutti.

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